FILCTEM-CGIL

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domenica 5 aprile 2009

La CGIL porta a Roma 2 milioni e 700 mila persone.

Cinque cortei, una lunga marcia per le vie di Roma, un fiume di gente - lavoratori, pensionati, precari, immigrati, studenti - con i cappellini rossi che punta verso il Circo Massimo. E' il giorno della manifestazione anti-crisi organizzata dalla Cgil. Un'iniziativa figlia di quell'accordo separato sul nuovo modello contrattuale che il sindacato guidato da Guglielmo Epifani non ha voluto firmare, a differenza di Cisl e Uil, ma che è diventata molto altro, raccogliendo tutte le istanze di quanti vogliono reagire alla crisi e sono stufi degli spot mordi e fuggi del governo. C'è chi intona Bella Ciao e chi grida slogan. Dai camion con gli altoparlanti si diffonde musica di De Andrè e di Guccini, ma ad un certo punto c'è spazio anche per l'Inno di Mameli e l'Inno alla Gioia. Non manca l'ironia e il bersaglio è scontato: "Mister Obamaaaa...", gridano in coro molti dei manifestanti.Epifani guida un corteo che arriva al Circo Massimo verso le 10.30. "Sarà una bella giornata, che si ricorderà per lungo tempo", aveva detto sfilando, prima di raggiungere il piazzale cuore dell'iniziativa. E ancora: "Vorrei che il governo provasse a fare di più, non chiedo l'impossibile".
In attesa che il leader della Cgil prenda la parola per il suo intervento dal palco, Dario Franceschini gode di un'attenzione speciale. Intervenuto alla manifestazione per una mezzora, prima di spostarsi ad Amalfi per un altro impegno, il numero uno del Pd ha ricevuto un'accoglienza molto calorosa. Stretta di mano con Epifani, abbraccio a Bertinotti. Pacche sulle spalle dai manifestanti. Lui coglie l'occasione per puntare il dito contro il governo, che "non sta affrontando la crisi", ma anche per un appello all'unità sindacale: "Voglio dire alla Cgil che è importante stare in piazza ma mai contro gli altri sindacati", ha dichiarato.La manifestazione della Cgil è anche per Walter Veltroni l'occasione per tornare in piazza: l'ex segretario del Pd, all'insaputa di tutti, ha fatto capolino alla testa del corteo partito da Piazza Esedra.
Tra i leader politici, Orlando a rappresentare l'IdV, il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola e il governatore del Lazio Piero Marrazzo. C'è Sergio Cofferati, candidato alle europee che ricorda i tre milioni di persone portate al Circo Massimo nel 2002 e sottolinea che "l'unità sindacale si ottiene nel merito". C'è il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che giudica "ambigua" la posizione del Pd. C'è Piero Fassino, convinto che "sia giusto che la gente chieda di fare di più". I leader della sinsitra ci sono tutti, o quasi, sono tanti, troppi per interccettarli tutti. Con loro, ex deputati, ex senatori, ex componenti dell'Unione.
Spiace che qualcuno non perda l'occasione per scagliare le immancabili "frecciatine". La sinistra è un terreno sconfinato da riempire di diritti, lotte, idee, valori. In queste occasioni si trasforma in un recinto dove ognuno lotta per piantare la propria bandiera "più a sinistra" dell'altro, che diventa quasi "l'avversario da battere". Non è così per il popolo della sinistra, che si mischia nei lunghi cortei, dove ogni striscione si trascina dietro una moltitudine di rosso mischiato al bianco delle centinaia di migliaia di cappellini, sciarpe, bandiere, storie e appartenenze. Perché "l'avversario" oggi è seduto altrove, ci segue distratto mentre sorseggia il caffé e pensa a come spremerci ancora un po', conia nuovi spot elettorali, gadget e illusioni da venderci. Da Cernobbio ci canzona: " Siamo il popolo delle scampagnate".
Sulla grande spianata del Circo Massimo lentamente gli spazi liberi svaniscono. A mezzogiorno i manifestanti sono spalla a spalla, braccia contro braccia. Giusto lo spazio per far sventolare le bandiere, e il minuto di silenzio dedicato alle quotidiane vittime del lavoro serve per riprendere fiato, per frugare in borsa alla ricerca di un fazzoletto che ricacci indietro la commozione e quel groppo in gola che proprio non vuole svanire: le parole del figlio dell'operaio morto di Ilva si sommano alla rabbia della studentessa universitaria, dell'immigrato e, soprattutto, dell'insegnante precaria che non ha diritto ad un figlio, ad una famiglia, ad un futuro. È la rabbia che ribolle perché mentre noi stiamo qua schiacciati l'uno contro l'altro il ministro Brunetta ironizza: la nostra "scampagnata" può dare una boccata d'ossigeno all'economia. "Muove risorse, ristoranti e autobus...". È il turismo, bellezza.
Turismo? Sì, ma di massa. E che massa! Forse il ministro non ricorda che fra noi, che la maggioranza di noi "vacanzieri del sabato", c'è chi ha viaggiato tutta la notte con un panino preparato frettolosamente e infilato nello zaino. Bar, punti ristoro, ristoranti... cose da "vip" del G20, non certo da operai, pensionati, cassintegrati, precari, disoccupati di oggi, studenti disoccupati domani e "poveracci" come noi.
A giudicare i rappresentanti del governo, sembra che siano loro a fare scampagnate fuori porta in occasione dei mega vertici internazionali. E probabilmente non prendono neppure appunti, tanto agli italiani basta mostrare la foto di gruppo a dimostrazione di non aver "bigiato" il meeting. Gli altri governi investono contro la crisi, aprono tavoli con le parti sociali, Obama impone la svolta verde, il governo francese tratta con gli operai che esasperati sequestrano i dirigenti delle grandi fabbriche. Noi facciamo ironia, inviamo la polizia contro gli operai che le fabbriche le fanno andare avanti a volte anche a dispetto degli imprenditori, affondiamo neppure lentamente e ci facciamo ridere dietro.
Grazie al cielo Shapiro canta, e ci dà il tempo di rifiatare prima di ascoltare Epifani.
"Siamo qui in tanti per passione, fiducia e speranza". Esordisce così, la piazza applaude, un applauso lungo, liberatorio. È l'orgoglio che torna a vincere sullo sconforto. Epifani lo sa e lo esplicita: "Oggi è un grande motivo di orgoglio tornare insieme in questa piazza dove tre milioni di persone scrissero una pagina indimenticabile per la difesa dei diritti dei lavoratori e contro la follia del terrorismo", dice, ricordando l'altra grande manifestazione del marzo del 2002. "Se siamo qui in tanti lo si deve alla nostra passione, alla nostra determinazione, all'Italia del lavoro".
La crisi economica "non la si può affrontare con battute e con misure non all'altezza". Ed è per questo che occorre aprire "un tavolo vero di confronto" tra governo e parti sociali. E' questa la richiesta e l'invito al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che giunge dal leader della Cgil Guglielmo Epifani."Se sono vere le parole del nostro presidente del Consiglio, prima di partire per Londra, di non voler lasciare indietro nessuno, chiediamo formalmente -scandisce Epifani dal palco- di aprire subito un tavolo vero di confronto perché si possa ascoltare realmente e concretamente le cose da fare per fronteggiare questa crisi". E questa richiesta, puntualizza il numero della Cgil, "non è una sfida ma un invito a verificare se è possibile avere un tavolo vero di confronto"."Non siamo in grado - prosegue Epifani - di fare previsioni attendibili ma se la ricchezza del paese crollerà nel 2009 del 4%, questa caduta non la si può affrontare con battute e misure non all'altezza dei problemi. Dietro questi numeri astratti, infatti, ci sono i problemi, le prospettive e la vita di milioni e di milioni di persone". Un tavolo "vero" su cui "possano essere d'accordo anche Cisl e Uil perché serve tutto il peso del sindacato confederale per fronteggiare la crisi". Un tavolo su cui "anche Confindustria potrebbe mostrare interesse perché anche le imprese rischiano di pagare due volte la crisi".Un confronto, dice ancora Epifani, che dovrebbe mettere sul tavolo quattro temi: dalla politica industriale al monitoraggio sulle risorse degli ammortizzatori sociali: dai redditi dei pensioni alla giustizia fiscale. "Chiediamo un blocco effettivo di tutti i licenziamenti", aggiunge oltre alla "restituzione del fiscal drag".
Poi, il segretario generale della Cgil si rivolge direttamente ai leader di Cisl e Uil chiedendo di tornare all'unità sindacale per la difesa comune dei lavoratori. La Cgil "è prontaa fare un referendum unitario con esito vincolante per quel che la riguarda" con Cisl e Uil sulla riforma contrattuale. Perché non si può giocare con la democrazia: o c'è o non c'è". Anche nei settori pubblici e nella scuola - ricorda - sono emerse divisioni. Il sistema contrattuale deve dare regole certe a tutti. Se ci sono divisioni il sistema tradisce il suo compito e può diventare dannoso per il lavoro e anche per le imprese".Per questo e in nome di Di Vittorio, la mano tesa a Cisl e Uil. "Noi - ha detto - siamo convinti delle ragioni che abbiamo sostenuto nel confronto e continueremo a batterci per avere più contrattazione, per avere un contratto che non riduca il potere d'acquisto e per discutere gli aspetti della condizione del lavoro".
Facendo appello alla unità del sindacato, Epifani ha sottolineato quelli che dovrebbero essere i punti su cui aprire un tavolo di confronto con il sindacato per affrontare la crisi. Innanzitutto, "un tavolo sulle politiche delle aree in crisi e sugli investimenti in particolare nel Mezzogiorno". Inoltre si deve anche affrontare "numeri alla mano" il tema della "capienza e congruità degli ammortizzatori con particolare attenzione ai redditi dei precari, valutando la possibilità di un blocco dei licenziamenti in tutto il paese per la durata della crisi". Infine vanno affrontati i temi che riguardano i bassi redditi dei pensionati e della "giustizia fiscale e lotta all'evasione con restituzione del drenaggio fiscale per chi fa il proprio dovere". "Con un tavolo così - ha spiegato Epifani - Cisl e Uil possono essere d'accordo con questa richiesta. I temi sono comuni".
Il numero uno del sindacato di corso d'Italia si rivolge poi a Confindustria. "Confindustria - ha aggiunto - ha fatto un grosso errore con l'accordo separato su contratti. Mi ha molto colpito nella recente riunione dei ministri del lavoro a Roma, l'intervento della ministra del lavoro Usa che rivolta a noi e ai ministri presenti ha detto che non si può approfittare della crisi per ridurre gli spazi dei livelli di contrattazione collettiva. Aveva ragione lei e abbiamo ragione noi a non aver firmato quell'accordo e gli altri hanno torto".
Parlando infine delle decisioni prese dal G20 di Londra, Epifani torna a chiedere regole più severe "contro i paradisi fiscali e bisogna estendere la moralità forte contro la piaga dei supersalari e superbonus". Non è giusto, prosegue, che un manager guadagni "duemila volte di più" di un lavoratore. "E anche da noi- ricorda- col compenso dei 100 manager più importanti si possono pagare i salari di 10mila lavoratori".
Oggi eravamo 2 milioni e 700 mila. Per la Questura saremo 200 mila. Per il governo? 200 festaioli... Chissenefrega. E' stata una delle più grandi e belle manifestazioni che io ricordo. Per dignità, cuore, voglia di battersi uniti pretendendo serietà per superare la crisi. Per non lasciare che il nostro futuro scompaia. Grazie alla Cgil.
Aprile on line
Carla Ronga,
04 aprile 2009

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