FILCTEM CGIL Catania (http://www.filctemcgilct.com/) - Purtroppo, quanto dicevamo da 2 anni, si è dimostrato drammaticamente vero. Eppure, quando insistevamo sul fatto che i proclami fatti dall’azienda a mezzo stampa, o nelle sedi ufficiali, che strombazzavano cifre astronomiche di investimenti erano quanto meno parziali e che nascondevano volutamente la verità, venivamo tacciati di terrorismo e disfattismo.
Quello che pensavamo e che avremmo preferito non sentire mai, si è concretizzato drammaticamente ieri nel corso di una town hall tenuta dall’ingegnere Galizia a tutto il personale. In quella sede, da un lato si sono continuani a sbandierare investimenti per addurre l’estrema salute dello stabilimento di Catania e dall’altro si è annunciato l’esubero di 152 dipendenti, che non è il 10% del totale dei dipendenti (cifra già drammaticamente elevata) bensì il 20%.
Prima di entrare nel merito, riteniamo utile, fare un breve resoconto della situazione, in quanto, sebbene siano note a tutti quanti, sono necessarie ad inquadrare bene la situazione:
1. In data 22/06/2011, l’azienda decide di chiudere anticipatamente la CIGS aperta il primo di dicembre dello scorso anno.
2. Qualche giorno dopo, procede alla stabilizzazione di una decina di TD.
3. Dopo le pressanti insistenze delle OO SS, sia a livello di categoria che a livello confederale, nei confronti delle istituzioni (ricordiamo l’assemblea all’interno dell’azienda con l’intera deputazione catanese e con le istituzioni, i sit in tenuti sotto i palazzi istituzionali ed il pressing fatto presso i più autorevoli rappresentanti delle Istituzioni locali e nazionali) si è riusciti ad ottenere un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) con l’obiettivo di affrontare la vertenza Pfizer.
4. In tale sede istituzionale, sono stati ufficializzati due eventi: la prosecuzione delle trattative per la cessione del Centro di Ricerca (in fase avanzate ma non ancora finalizzate) e l’apertura della procedura di mobilità.
A questo punto è doveroso fare alcune considerazioni.
CIGS: la cassa integrazione straordinaria, doveva servire a ridurre i costi di produzione (consentendo una riqualificazione del personale finalizzata al miglioramento della produttività) ma in realtà l’azienda ha utilizzato in modo parziale, poco trasparente e sicuramente alquanto discutibile. In altri termini, l’Azienda ha perso l’occasione di riqualificare 80 lavoratori evitando che diventassero degli esuberi strutturali. In realtà piuttosto che un’occasione perduta si tratta dell’assenza di volontà di raggiungere questo risultato. Purtroppo però la CIGS è stata utilizzata come tutti sappiamo, in modo poco opportuno e per di più scorretto. Ci si può obiettare che l’esubero è strutturale e che quindi la CIGS non avrebbe potuto risolvere il problema della riduzione dei costi per incrementare la produttività del sito. Ma il reale disegno dell’azienda lo si ritrova sulle dichiarazioni rilasciate dal Direttore dello Stabilimento di Catania, alla Sicilia (vedi articolo di ieri pubblicato anche su questo sito). Citiamo testualmente: “Lo stabilimento catanese gode di ottima salute. Nel 2013 i volumi di produzione saranno raddoppiati. Tanto da far prevedere la tenuta dei livelli occupazionali e non solo”. La chiave sta nelle ultime due parole: non solo. Ergo: dal 2013 si potrà tornare ad assumere. Su questo punto torneremo in seguito.
Stabilizzazioni: continuiamo ad essere coerenti con lo spirito che portò alla ratifica dell’accordo che consentiva ai lavoratori precari di potere rimaner all’interno dello stabilimento oltre i 36 mesi previsti dalla legge in una prospettiva concreta di stabilizzazione. Da questo punto di vista, i riteniamo che le stabilizzazioni siano comunque un successo dell’accordo dei “72 mesi” e ribadiamo la nostra contrarietà di principio al lavoro precario. Tuttavia, le stabilizzazioni in questione, arrivano in una fase molto delicata, in cui, da un lato si stabilizza un gruppo di precari e dall’altro si apre una procedura di mobilità per 150 dipendenti. Il comportamento avuto dall’azienda in questa vicenda noi lo riteniamo assolutamente amorale e spregiudicato.
Mobilità: entrando nel merito della procedura, c’è poco da dire: è una tragedia inaudita e non si può pensare che 152 lavoratori ed altrettante famiglie, possano essere abbandonate al proprio destino, “per il bene del sito” (così come solennemente dichiarano tanti esponenti aziendali per giustificare ciò che è stato messo in atto). “Nel contesto di una crisi generale che investe il sistema chimico-farmaceutico mondiale - il territorio etneo si trova oggi a dover prendere atto che realtà aziendali come Pfizer, fiore all’occhiello della nostra economia, devono fare i conti con una riduzione dell’organico in forza”, dichiara così l’azienda nel già citato articolo apparso ieri sulla Sicilia. Noi riteniamo (così come ha puntualizzato Giovanni Romeo intervenendo all’incontro di Galizia con tutto il personale PGS) che bisogna mantenere il saldo occupazionale zero così come era previsto dalla CIGS. Se l’obiettivo dell’azienda vuole essere quello di fare macelleria sociale, noi non saremo mai complici e contrasteremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione tali disegni. Che questo sia chiaro una volta e per tutte.
L’ingegnere Galizia venerdì ha tenuto a sottolineare che la mobilità fatta per il Centro ricerca e quella fatta per lo stabilimento produttivo, sono due cose diverse. Ma in realtà lo saranno solo se, come tutti ci auguriamo, la trattativa di trasferimento ad una terza parte della ricerca, andrà a buon fine: 84 licenziamenti sono un dramma, 152 sono una tragedia.
Inoltre, ancora una volta ed ancora più di prima, ci poniamo interrogativi sulla strategicità del sito di Catania. La così detta politica del carciofo, ossia lo smantellamento graduale del sito, è una paturnia dei sindacati oppure ha consistenza reale? Quali sono le prospettive a medio termine per lo stabilimento? Giuseppe D’Aquila, nel corso di un’intervista al TG3 Sicilia di ieri, ha espresso fortemente la preoccupazione che la strategicità del sito sia stata abbondantemente messa in discussione e che la procedura di mobilità messa in atto dall’azienda sia espressione di tale strategia.
Consentiteci anche di affermare che i proclami fatti ai lavoratori ed a mezzo stampa, dall’azienda, sono inacettabili e mortificanti per tutti i lavoratori: “sono stati destinati al sito catanese importanti investimenti di 40 mln di euro e ulteriori 27 mln sono previsti nei prossimi due anni per rendere lo stabilimento di produzione sempre più competitivo nello scenario internazionale. Grandi numeri che - precisa l’ing. Galizia - sottolineano come lo stabilimento catanese goda di ottima salute.”. A noi non interessa che il sito sia competitivo sulla pelle dei lavoratori; non ci interessa che il sito possa aumentare i profitti degli imprenditori se questo porta alla perdita di posti di lavoro, alla messa su strada di 150 famiglie. Saremo pure antiquati ma la pensiamo in questo modo. Inoltre è doveroso ricordare che – così come espresso pochi mesi fa dallo stesso Galizia – che una parte consistente di tali investimenti avranno un’ulteriore impatto occupazionale: serviranno ad eliminare l’intero processo di liofilizzazione cosa che genererà ulteriori consistenti esuberi.
Infine, consentiteci un’ultima considerazione sulle dichiarazioni apparse sull’articolo di ieri sulla Sicilia (che anche in questo caso citiamo testualmente): “Confindustria Catania – conclude la nota – confida nello sperimentato senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali”. Noi riteniamo che bisogna ribaltare il ragionamento e ricordare a Confindustria Catania che l’Associazione imprenditoriale siciliana è firmataria di un accordo quadro(stilato con sindacati e Regione Sicilia), in cui le parti si impegnano, vista la peculiarità del nostro territorio e la crisi produttiva drammaticamente presente in essa, di fare ricorso a tutte le soluzioni che possano essere alternative ad i licenziamenti. Quindi siamo noi, che nello spirito dell’accordo del 30 luglio 2009, confidiamo nel senso di responsabilità di Confindustria, affinché contribuisca alla difesa dell’occupazione.
Intanto da domani partiranno tutte le azioni del caso: da una richiesta di incontro urgente con la Direzione, così come previsto dalle norme di legge e contrattuali, alla doverosa proclamazione dello stato di agitazione di tutto lo stabilimento, a sostegno dei lavoratori e dell’occupazione.
Quello che pensavamo e che avremmo preferito non sentire mai, si è concretizzato drammaticamente ieri nel corso di una town hall tenuta dall’ingegnere Galizia a tutto il personale. In quella sede, da un lato si sono continuani a sbandierare investimenti per addurre l’estrema salute dello stabilimento di Catania e dall’altro si è annunciato l’esubero di 152 dipendenti, che non è il 10% del totale dei dipendenti (cifra già drammaticamente elevata) bensì il 20%.
Prima di entrare nel merito, riteniamo utile, fare un breve resoconto della situazione, in quanto, sebbene siano note a tutti quanti, sono necessarie ad inquadrare bene la situazione:
1. In data 22/06/2011, l’azienda decide di chiudere anticipatamente la CIGS aperta il primo di dicembre dello scorso anno.
2. Qualche giorno dopo, procede alla stabilizzazione di una decina di TD.
3. Dopo le pressanti insistenze delle OO SS, sia a livello di categoria che a livello confederale, nei confronti delle istituzioni (ricordiamo l’assemblea all’interno dell’azienda con l’intera deputazione catanese e con le istituzioni, i sit in tenuti sotto i palazzi istituzionali ed il pressing fatto presso i più autorevoli rappresentanti delle Istituzioni locali e nazionali) si è riusciti ad ottenere un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) con l’obiettivo di affrontare la vertenza Pfizer.
4. In tale sede istituzionale, sono stati ufficializzati due eventi: la prosecuzione delle trattative per la cessione del Centro di Ricerca (in fase avanzate ma non ancora finalizzate) e l’apertura della procedura di mobilità.
A questo punto è doveroso fare alcune considerazioni.
CIGS: la cassa integrazione straordinaria, doveva servire a ridurre i costi di produzione (consentendo una riqualificazione del personale finalizzata al miglioramento della produttività) ma in realtà l’azienda ha utilizzato in modo parziale, poco trasparente e sicuramente alquanto discutibile. In altri termini, l’Azienda ha perso l’occasione di riqualificare 80 lavoratori evitando che diventassero degli esuberi strutturali. In realtà piuttosto che un’occasione perduta si tratta dell’assenza di volontà di raggiungere questo risultato. Purtroppo però la CIGS è stata utilizzata come tutti sappiamo, in modo poco opportuno e per di più scorretto. Ci si può obiettare che l’esubero è strutturale e che quindi la CIGS non avrebbe potuto risolvere il problema della riduzione dei costi per incrementare la produttività del sito. Ma il reale disegno dell’azienda lo si ritrova sulle dichiarazioni rilasciate dal Direttore dello Stabilimento di Catania, alla Sicilia (vedi articolo di ieri pubblicato anche su questo sito). Citiamo testualmente: “Lo stabilimento catanese gode di ottima salute. Nel 2013 i volumi di produzione saranno raddoppiati. Tanto da far prevedere la tenuta dei livelli occupazionali e non solo”. La chiave sta nelle ultime due parole: non solo. Ergo: dal 2013 si potrà tornare ad assumere. Su questo punto torneremo in seguito.
Stabilizzazioni: continuiamo ad essere coerenti con lo spirito che portò alla ratifica dell’accordo che consentiva ai lavoratori precari di potere rimaner all’interno dello stabilimento oltre i 36 mesi previsti dalla legge in una prospettiva concreta di stabilizzazione. Da questo punto di vista, i riteniamo che le stabilizzazioni siano comunque un successo dell’accordo dei “72 mesi” e ribadiamo la nostra contrarietà di principio al lavoro precario. Tuttavia, le stabilizzazioni in questione, arrivano in una fase molto delicata, in cui, da un lato si stabilizza un gruppo di precari e dall’altro si apre una procedura di mobilità per 150 dipendenti. Il comportamento avuto dall’azienda in questa vicenda noi lo riteniamo assolutamente amorale e spregiudicato.
Mobilità: entrando nel merito della procedura, c’è poco da dire: è una tragedia inaudita e non si può pensare che 152 lavoratori ed altrettante famiglie, possano essere abbandonate al proprio destino, “per il bene del sito” (così come solennemente dichiarano tanti esponenti aziendali per giustificare ciò che è stato messo in atto). “Nel contesto di una crisi generale che investe il sistema chimico-farmaceutico mondiale - il territorio etneo si trova oggi a dover prendere atto che realtà aziendali come Pfizer, fiore all’occhiello della nostra economia, devono fare i conti con una riduzione dell’organico in forza”, dichiara così l’azienda nel già citato articolo apparso ieri sulla Sicilia. Noi riteniamo (così come ha puntualizzato Giovanni Romeo intervenendo all’incontro di Galizia con tutto il personale PGS) che bisogna mantenere il saldo occupazionale zero così come era previsto dalla CIGS. Se l’obiettivo dell’azienda vuole essere quello di fare macelleria sociale, noi non saremo mai complici e contrasteremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione tali disegni. Che questo sia chiaro una volta e per tutte.
L’ingegnere Galizia venerdì ha tenuto a sottolineare che la mobilità fatta per il Centro ricerca e quella fatta per lo stabilimento produttivo, sono due cose diverse. Ma in realtà lo saranno solo se, come tutti ci auguriamo, la trattativa di trasferimento ad una terza parte della ricerca, andrà a buon fine: 84 licenziamenti sono un dramma, 152 sono una tragedia.
Inoltre, ancora una volta ed ancora più di prima, ci poniamo interrogativi sulla strategicità del sito di Catania. La così detta politica del carciofo, ossia lo smantellamento graduale del sito, è una paturnia dei sindacati oppure ha consistenza reale? Quali sono le prospettive a medio termine per lo stabilimento? Giuseppe D’Aquila, nel corso di un’intervista al TG3 Sicilia di ieri, ha espresso fortemente la preoccupazione che la strategicità del sito sia stata abbondantemente messa in discussione e che la procedura di mobilità messa in atto dall’azienda sia espressione di tale strategia.
Consentiteci anche di affermare che i proclami fatti ai lavoratori ed a mezzo stampa, dall’azienda, sono inacettabili e mortificanti per tutti i lavoratori: “sono stati destinati al sito catanese importanti investimenti di 40 mln di euro e ulteriori 27 mln sono previsti nei prossimi due anni per rendere lo stabilimento di produzione sempre più competitivo nello scenario internazionale. Grandi numeri che - precisa l’ing. Galizia - sottolineano come lo stabilimento catanese goda di ottima salute.”. A noi non interessa che il sito sia competitivo sulla pelle dei lavoratori; non ci interessa che il sito possa aumentare i profitti degli imprenditori se questo porta alla perdita di posti di lavoro, alla messa su strada di 150 famiglie. Saremo pure antiquati ma la pensiamo in questo modo. Inoltre è doveroso ricordare che – così come espresso pochi mesi fa dallo stesso Galizia – che una parte consistente di tali investimenti avranno un’ulteriore impatto occupazionale: serviranno ad eliminare l’intero processo di liofilizzazione cosa che genererà ulteriori consistenti esuberi.
Infine, consentiteci un’ultima considerazione sulle dichiarazioni apparse sull’articolo di ieri sulla Sicilia (che anche in questo caso citiamo testualmente): “Confindustria Catania – conclude la nota – confida nello sperimentato senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali”. Noi riteniamo che bisogna ribaltare il ragionamento e ricordare a Confindustria Catania che l’Associazione imprenditoriale siciliana è firmataria di un accordo quadro(stilato con sindacati e Regione Sicilia), in cui le parti si impegnano, vista la peculiarità del nostro territorio e la crisi produttiva drammaticamente presente in essa, di fare ricorso a tutte le soluzioni che possano essere alternative ad i licenziamenti. Quindi siamo noi, che nello spirito dell’accordo del 30 luglio 2009, confidiamo nel senso di responsabilità di Confindustria, affinché contribuisca alla difesa dell’occupazione.
Intanto da domani partiranno tutte le azioni del caso: da una richiesta di incontro urgente con la Direzione, così come previsto dalle norme di legge e contrattuali, alla doverosa proclamazione dello stato di agitazione di tutto lo stabilimento, a sostegno dei lavoratori e dell’occupazione.
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